Alessandro Cecchi
Il Decoro Cittadino: un esempio del XIX secolo
Fra le carte conservate in Casa Buonarroti e ritenute degne di essere incorniciate, vi è un documento che riveste un particolare interesse per la storia della tutela e attesta la politica illuminata di Leopoldo II, l’ultimo granduca della famiglia Asburgo Lorena (soprannominato affettuosamente ‘Canapone’ dai Grossetani per il colore chiaro dei capelli Fig. 1), e quanto avesse a cuore il patrimonio della nazione, anche quello diffuso sul territorio.
L’attenzione del sovrano, costretto nel 1859 a prendere la via dell’esilio per l’annessione della Toscana al Regno sabaudo, si rivolse, questa volta, alla difesa e salvaguardia dei tabernacoli e degli arredi viari del Granducato, regolamentata da un Decreto ‘ad hoc’, promulgato il 16 aprile 1854.
Ma leggiamolo insieme:
«Noi Leopoldo secondo / per la grazia di Dio / Principe Imperiale d’Austria / Principe Imperiale d’Ungheria e di Boemia / Arciduca d’Austria / Granduca di Toscana ec. ec.ec.
Volendo efficacemente provvedere alla conservazione degli oggetti d’Arte, sia di Pittura che di Scultura e di Plastica esternamente esistenti tanto nei pubblici che nei privati Edifizi, e che debbono ritenersi o come destinati al pubblico ornato, o come esposti alla pubblica venerazione;
Sentito il Nostro consiglio dei Ministri abbiamo decretato e decretiamo quanto appresso:
Art. 1. Senza il preventivo permesso del Governo rimane vietata la remozione, distruzione o abolizione di qualunque oggetto d’Arte, sì di pittura, come di scultura e plastica, che esista esposto alla pubblica vista, comunque chiuso in Tabernacolo, nei muri esterni di qualunque casa, palazzo o altro edifizio sia privato, come pubblico. E se questi oggetti consisteranno in Immagini Sacre, sarà inoltre necessaria la preventiva licenza del rispettivo Ordinario.
Art. 2. I Contravventori alla disposizione di che nel precedente Articolo incorreranno in una multa da dugento a duemila lire, ed inoltre perderanno la proprietà dell’oggetto di cui sia soltanto avvenuta la remozione, il quale sarà ricollocato al posto, ove ciò sia possibile, o altrimenti sarà depositato in un pubblico Stabilimento di Belle Arti, ovvero secondo i casi, in qualche Chiesa, od in qualche Oratorio.
Art. 3. La cognizione di queste trasgressioni spetterà ai Tribunali Ordinari secondo le competenze fissate dalle Leggi veglianti.
Art. 4. I Nostri Ministri Segretari di Stato per i Dipartimenti dell’Interno, della Giustizia e Grazia, e della Istruzione pubblica sono incaricati, ciascuno per quanto gli spetta, della esecuzione del presente Decreto.
Dato li sedici Aprile milleottocentocinquantaquattro.
Leopoldo
Visto: Il Presidente del Consiglio dei Ministri G. Baldasseroni
Visto: Il Ministro Segretario di Stato per il Dipartimento dell’Interno L. Landucci
Visto: Il Ministro Segretario di Stato per il Dipartimento di Giustizia e Grazia N. Lami
Visto: Il Ministro Segretario di Stato per il Dipartimento della Istruzione Pubblica C. Buonarroti
Tondo con le iniziali L. e S.
Visto per l’apposizione del Sigillo: Il Ministro Segretario di Stato per il Dipartimento di Giustizia e Grazia N.Lami
La presenza di questo documento fra le carte dell’Archivio Moderno Buonarroti, purtroppo gravemente lacunoso per la parte sette e ottocentesca per i trascorsi turbolenti di Filippo Buonarroti ‘il rivoluzionario’, si spiega col fatto che fra i Ministri che apposero il loro visto al provvedimento, figura anche Cosimo Buonarroti, allora Ministro della Istruzione Pubblica, una carica che rivestiva dal luglio del 1852 e che avrebbe mantenuto fino alla morte, sopraggiunta sei anni dopo. Lo vediamo (fig.2), in abito di Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano, nel busto marmoreo realizzato dallo scultore Aristodemo Costoli intorno al 1846, che fa ancor oggi bella mostra di sé nella ‘Camera degli Angioli’, l’antica Cappella del palazzo di Via Ghibellina, con quello della moglie Rosina Vendramin (fig.3), morta prematuramente di colera nel 1856 all’età di soli 42 anni.
Il ruolo di Cosimo nella promulgazione di questo Decreto da parte del Granduca non dovette limitarsi alla sola esecuzione delle sovrane disposizioni, come per gli altri Ministri Giovanni Baldasseroni, Presidente del Consiglio, Leonida Landucci, Ministro dell’Interno Niccolò Lami, titolare del dicastero di Giustizia e Grazia. E’ ipotizzabile che Cosimo, da sempre fedele servitore dello Stato e nelle grazie del granduca, lo abbia consigliato e indirizzato nell’emanazione di un provvedimento di tutela necessario e inderogabile, teso ad evitare la dispersione e la distruzione di un patrimonio fragile e a rischio, come quello degli arredi viari, e in particolare, dei tabernacoli, presenti, in gran numero nel Quartiere di Santa Croce già minacciato da sempre, per la sua conservazione, dall’esposizione plurisecolare alle intemperie. Qui (fig.4) vediamo il monumentale Tabernacolo delle Stinche, eretto nel 1616 sull’angolo di quello che fu l’antico carcere di Firenze, fra le vie Ghibellina e dell’Isola delle Stinche, ad ospitare l’affresco di Giovanni da San Giovanni raffigurante il senatore Girolamo Novelli che paga il riscatto di un carcerato, adempiendo così ad una delle sette Opere di Misericordia.
Che l’ultimo dei Buonarroti Simoni fosse ben consapevole dell’importanza di un’azione efficace di tutela del patrimonio privato e pubblico, da consegnare alle future generazioni, lo dimostra, del resto, un gesto munifico come il suo, quando chiese e ottenne dal granduca nel 1857, di erigere la Galleria Buonarroti in Ente Morale, vincolando così alla collettività lo storico palazzo di Via Ghibellina, costruito nella prima metà del Seicento dal suo antenato Michelangelo Buonarroti il Giovane, e le collezioni di famiglia, costituite ‘in primis’ dai due rilievi giovanili di Michelangelo della Madonna della Scala e della Battaglia dei Centauri (fig.5), dal consistente nucleo dei disegni del sommo artista, ben 200, con capolavori quali la finitissima Cleopatra donata da Michelangelo all’amico Tommaso de’ Cavalieri, estorta a quest’ultimo dal duca Cosimo I de’ Medici e ‘restituita’ ai Buonarroti nel 1616 dal granduca Cosimo II e dal non meno importante archivio Buonarroti, col suo corredo prezioso di carte autografe, che vanno dal nutrito carteggio con familiari, amici e committenti alla produzione poetica, a rischio altrimenti di vendita e dispersione, come già avvenuto in passato, ad opera dei predecessori di Cosimo in generale e del padre Filippo il rivoluzionario in particolare, in specie per i disegni, diversi dei quali fanno parte oggi delle maggiori collezioni straniere, dal Louvre al British Museum di Londra.
- 1 Leopoldo II
- 2) Cosimo Buonarroti
3) Rosina Vendramin
Fig. 4 Tabernacolo delle Stinche in Via Ghibellina
Fig. 5 Battaglia dei Centauri