LESSICO FEMMINILE 1861-1926 7 marzo-26 maggio 2019
In una mostra a Palazzo Pitti 70 anni di emancipazione femminile tra Otto e Novecento, dalle lotte per il lavoro al Nobel per la Deledda
Quest'anno le Gallerie degli Uffizi celebrano le donne anche con una mostra dedicata all’impegno professionale e al talento delle donne in Italia, tra Ottocento e Novecento. I termini cronologici si riferiscono a due eventi precisi: l’iscrizione di alcune lavoratrici alla Fratellanza Artigiana nel 1861, e il premio Nobel conferito a Grazia Deledda nel 1926 per il romanzo Canne al Vento. Sono due date simboliche, che tuttavia segnano la storia di un riscatto dell’immagine femminile e del ruolo pubblico delle donne nel periodo post-unitario. Opere d’arte, fotografie ed oggetti illustrano le diverse forme di operosità dell’universo muliebre, descrivendo energie e risorse spesso non riconosciute. Le contadine ad esempio, dedite alle pratiche agricole collegate al ciclo delle stagioni dovevano anche occuparsi degli animali nella fattoria. E nei momenti di sosta dal lavoro più duro, rammendavano, lavoravano a maglia o intrecciavano la paglia, come si può vedere in numerosi dipinti di Silvestro Lega esposti in galleria.
Altro futuro attendeva le donne borghesi, che potevano studiare e intraprendere una carriera scolastica, diventare artiste e perfino scrittrici. In quest’ultimo caso, tuttavia, venivano limitate a generi e argomenti considerati specificamente femminili: la scrittura per l’infanzia o per libri di scuola, o articoli in periodici per le giovinette sulle ultime novità della moda, sull’economia domestica, sull’etichetta e le buone maniere.
Alle donne la società non permetteva se non a scapito di una relegazione sociale di avvicinarsi all'arte. Non potevano avere modelli o modelle a disposizione per dipingere o scolpire. Non erano prese in considerazione dalla società, femminile e maschile, se si addentravano nel mondo dell'arte lo dovevano fare senza farsi notare e per esprimere il loro talento dovevano spesso ricorrere ad altre forme che tuttavia non riuscivano a soddisfare la volontà di esprimersi. Animali da compagnia, nature morte a volte paesaggi erano le poche cose permesse che una donna allora poteva dipingere. Pensiamo quindi quanto più aperta fosse in quest'ambito la società del primo Seicento e settecentesca con pittrici quali Artemisia Gentileschi o Rosalba Carriera.
Tuttavia, la quiete apparente dei salotti della seconda metà dell'Ottocento offrì spesso copertura, invece, a pensieri rivoluzionari e patriottici, e fu terreno per una fervida vita intellettuale. In quel periodo Firenze fu meta prediletta e luogo di incontro per figure di spicco nel mondo femminile non solo della letteratura e dell’arte, ma anche dell’impegno sociale e politico, su scala internazionale: qui vissero donne formidabili quali, tra le altre, Elizabeth Barrett Browning, Jessie White Mario, Teodosia Garrow Trollope, Margaret Fuller.
La mostra, realizzata in collaborazione con Advancing Women Artists, si sviluppa scenograficamente attorno ad un nucleo centrale di opere di grandi dimensioni, così da far emergere le protagoniste femminili come sul palcoscenico di un teatro. Il percorso prosegue nelle collezioni della Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti - dove è custodita una delle più significative raccolte sul tema del lavoro delle donne nei campi fra Ottocento e Novecento – attraverso un fil rouge visuale con didascalie e focus, oltre a una proiezione multimediale dedicata alle donne nei loro ambienti di lavoro.
Il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt afferma “Nell’arco cronologico di poco più di mezzo secolo considerato nella mostra, maturano i presupposti per il riscatto sociale e per una nuova autonomia della donna, non più solamente ancorata al ruolo di angelo del focolare. Le opere esposte raccontano una realtà in cui si affaccia la questione femminile, quando l’impegno nel lavoro, gli interessi politici, la vita intellettuale e l’indipendenza erano ancora un privilegio, o il risultato di una lotta” e Simonella Condemi, curatrice della mostra e responsabile della Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, aggiunge: “La donna ha dovuto costruirsi una propria identità in ambito sociale e lavorativo mantenendo comunque l’impegno quotidiano tra le mura domestiche e la cura della famiglia. Abbiamo voluto rendere onore alla fatica sempre sostenuta dalle donne, documentando insieme la varietà di modi in cui si esprime e il talento femminile nel campo dell’arte, della fotografia, della scrittura, dell’insegnamento, della politica, e in molti altri settori”.
Firenze è stata una calamita per le artiste straniere che cercavano di ritagliarsi 'una stanza tutta loro' nei salotti e negli atelier visto che le donne straniere godevano di un certo livello di libertà in Italia, cosa che non avveniva nei loro paesi di origine. Ne sono alcuni esempi la simbolista tedesca Julia Hoffmann Tedesco, che condivideva lo stesso interesse per la sfera femminile di suo marito, esponente dei Macchiaioli, la ritrattista e poetessa irlandese Louisa Grace Bartolini, paladina per la causa italiana, Mary Egerton Bracken, una pittrice inglese dell’alta società che frequentava l’entourage di Browning a Casa Guidi, e l’artista Nabis francese Elisabeth Chaplin, la più giovane e prolifica artista tra quelle rappresentate nella collezione delle Gallerie degli Uffizi”.
Ma anche le donne italiane si muovevano andando all'estero per superare le barriere e i pregiudizi dei luoghi di origine. È il caso delle sorelle Caira, originarie della Media Valle del Liri (Frosinone) che modelle andarono a Parigi e dove fondarono una propria scuola di pittura privata denominata Accademia Vitti, indirizzata soprattutto alle donne. Le sorelle lavoravano sia come modelle che come insegnanti e l'Accademia Vitti ebbe una sua propria fama e anche molti noti pittori dell'epoca la frequentarono. Ad Atina (Frosinone) è visitabile dal 2013 la casa museo che ricorda l'Accademia.
Oltre a questa curiosità sono tante le scoperte che i visitatori della mostra avranno il piacere di fare.
Carlo Biancalani