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ASSOCIAZIONE DIPENDENTI DELLA BANCA TOSCANA COLLOCATI IN PENSIONE
RESTAURO DELLA PIETA' DI MICHELANGELO (PIETA' BANDINI)

Annunciato il restauro delle Pietà di Michelangelo dell’Opera del duomo di Firenze, anche detta Pietà  Bandini.

 

E’ giunto il momento che si aspettava da tempo, è iniziato il restauro che permetterà di per poter poi nuovamente ammirare la stupenda Pietà che dopo molte vicissitudini e spostamenti é ora presso il Museo dell’Opera del Duomo.

 

Il restauro terminerà nell’estate dell’anno prossimo ma i visitatori dell’Opera potranno ammirare l’opera durante le fasi di restauro grazie a un complesso allestimento all’interno del museo che permetterà di seguire in diretta i lavori sia vis a vis sia grazie ai video con ripresa diretta appositamente montati.

 

Come orami sempre più spesso a Firenze il restauro é stato reso possibile dall’Associazione Friends of Florence che tramite donatori ha raccolto i fondi necessari per l’intervento.

                                                          

Scolpita in un enorme blocco di marmo bianco di Carrara, tra il 1547 e il 1555 circa, quando Michelangelo era alla soglia di suoi 80 anni, la Pietà dell’Opera del Duomo a Firenze, carica di vissuto e sofferenza, è una delle tre realizzate dal grande artista. A differenza delle altre due - quella giovanile vaticana e la successiva ed ultima Pietà Rondanini - il corpo del Cristo è sorretto non solo da Maria ma anche da Maddalena e dall’anziano Nicodemo, a cui Michelangelo ha dato secondo il Vasari e Ascanio Condivi il proprio volto (secondo me il volto di Nicodemo é molto prossimo al Michelangelo che noi conosciamo). La scultura era destinata a un altare di una chiesa romana, ai cui piedi l’artista avrebbe voluto essere sepolto. La Pietà di Firenze, capolavoro di Michelangelo “è considerata come altre sculture del Buonarroti - afferma Timothy Verdon, direttore del Museo - opera non finita, anche se la dizione che più le competerebbe è quella del XVI secolo quando si diceva ancora opera infinita”.

 

 

Il restauro  sarà rispettoso della visione oramai consolidata di una superficie visibilmente “ambrata” della Pietà e rispettoso delle patine che nel tempo con il loro naturale processo d’invecchiamento hanno trasformato la cromia originaria del marmo prima un Bianco di Carrara. Il restauro, la cui fase iniziale riguarderà un’ampia campagna diagnostica, ha lo scopo di migliorare la lettura dell’opera che risulta mortificata dalla presenza di depositi e sostanze estranee alle superfici marmoree del gruppo scultoreo.

 

Non risultano particolari interventi di restauro avvenuti in passato, se non quello eseguito poco dopo la sua realizzazione da Tiberio Calcagni, scultore fiorentino vicino a Michelangelo, entro il 1565 tuttavia negli oltre 470 anni di vita, durante i numerosi passaggi di proprietà e le traumatiche vicende storiche, è presumibile che la Pietà sia stata sottoposta a vari interventi di manutenzione che però non risultano documentati perché considerati semplici operazioni di routine. Risulta, invece, documentato il calco eseguito nel 1882, di cui rimane la copia di gesso conservata alla Gipsoteca del Liceo Artistico di Porta Romana a Firenze. Probabilmente è proprio in conseguenza di questo intervento ottocentesco che la superficie del gruppo scultoreo si è modificata cromaticamente, soprattutto a causa dell’alterazione delle sostanze utilizzate per l’esecuzione del calco, ma anche di quelle più aggressive impiegate per rimuoverne i residui.

 

“La storia della Pietà dell’Opera del Duomo di Firenze o Pietà Bandini è degna di un romanzo. Michelangelo non solo non la termina, ma tenta di distruggerla in un momento di sconforto. L’opera danneggiata è da lui donata al suo servitore Antonio da Casteldurante che, dopo averla fatta restaurare da Tiberio Calcagni, la vende al banchiere Francesco Bandini per 200 scudi, il quale la colloca nel giardino della sua villa romana a Montecavallo. Nel 1649, gli eredi Bandini la vendono al cardinale Luigi Capponi che la porterà nel suo palazzo a Montecitorio a Roma e quattro anni dopo nel Palazzo Rusticucci Accoramboni. Il 25 luglio 1671, il pronipote del cardinale Capponi, Piero, la vende a Cosimo III de Medici, Granduca di Toscana, su mediazione di Paolo Falconieri, gentiluomo alla corte fiorentina. Dopo tre anni di ulteriore permanenza a Roma, per le difficoltà incontrate nel trasportarla, nel 1674 la Pietà viene imbarcata a Civitavecchia, raggiunge Livorno, e da lì, lungo l’Arno, arriva a Firenze dove viene posta nei sotterranei della Basilica di San Lorenzo. Vi rimarrà fino al 1722, quando Cosimo III la farà sistemare sul retro dell’altare maggiore della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Nel 1933, il gruppo scultoreo viene spostato nella Cappella di Sant’Andrea per renderla più visibile. Dal 1942 al 1945, per proteggerla dalla guerra, la Pietà è messa al riparo in rifugi appositamente allestiti in Duomo. Nel 1949, l’opera ritorna nella Cappella di Sant’Andrea in Cattedrale, dove rimarrà fino al 1981, quando verrà spostata nel Museo dell’Opera del Duomo. La decisione di trasferirla al Museo è motivata dalla necessità di non arrecare disturbo al culto per la grande affluenza di turisti e per ragioni di sicurezza (nel 1972 era stata vandalizzata la Pietà vaticana). Dalla fine del 2015, nel nuovo Museo dell’Opera del Duomo, la Pietà viene posta al centro della sala intitolata Tribuna di Michelangelo, su un basamento che rievoca l’altare a cui era probabilmente destinata”

                                                                                 

Terminato l’attuale restauro sarà possibile ammirare la Pietà girandole intorno e ammirando la maestria e la bellezza di quest’opera che Michelangelo scolpì, quasi come un suo personale piacere, nei ritagli di tempo libero e per distrarsi dai lavori della Cappella Sistina.

 

Potrà essere questo sia durante che dopo il restauro  un motivo in più di visitare il bellissimo Museo dell’Opera del Duomo che, in soli quatttro anni dall’inaugurazione è diventato un polo di attrazione per molti visitatori.

 

Non di meno da ricordare che dal 6 dicembre sarà presente al Museo anche la restaurata porta Sud del Battistero di San Giovanni.

 

CB